top of page
  • Riccardo Varini - Liceo G. Parini

L’arte: quella dimensione in cui viviamo sentimenti unici

Immaginiamo di essere in un’altra epoca, in un periodo storico senza smartphone e senza social, in cui non trascorriamo il nostro tempo libero guardando i post di Instagram e non apriamo una pagina di Google se qualche perplessità ci tormenta: immaginiamo per esempio di essere in pieno Rinascimento.

Il millequattrocento è il secolo delle signorie, del recupero e dello studio dei classici (in ogni loro disciplina) e di un’arte nuova che trova però i suoi fondamenti nella cultura greca e romana; il quindicesimo secolo è innovazione in ogni ramo dell’arte: si pensi all’architettura di Leon Battista Alberti, alla scultura di Donatello o alla completezza artistica di Antonello da Messina.

Ho voluto introdurre così questo articolo perché vorrei dimostravi, care lettrici e cari lettori, come l’arte sia una fuga dalla realtà, come questa disciplina ci faccia immedesimare in un contesto diverso dal nostro e ci faccia vivere emozioni uniche e irrepetibili; la scelta del Rinascimento poi non è casuale: è qui che l’arte inizia a evolversi, è qui che per la prima volta si ricercano quegli ideali di realismo e naturalismo sempre sentiti come lontani ed è qui che il nostro paese diventa protagonista assoluto del panorama artistico europeo.

Focalizziamoci ad esempio sul “Cristo Morto” di Andrea Mantegna.

La domanda che mi potreste giustamente porre è: “Da quale angolazione va visto questo dipinto?”. E io con molta sincerità vi risponderei “Non lo so”. Non per carenze sulla materia, ma perché nessuno effettivamente lo è riuscito a capire in circa seicento anni di storia. Mi raccontava la professoressa Zaninelli, la mia docente di storia dell’arte, che ha visto persone ammirare l’opera persino da sdraiati, per poterne apprezzare questa innovativa visione prospettica dal basso verso l’alto, ma tutti questi tentativi sono stati vani: questa posizione insolita di Cristo risulta strana, quasi fastidiosa per chi la ammira. È questo l’intento di Mantegna: farci osservare la morte da più punti di vista, cercando di cogliere l’essenza di questo triste evento; ma, malgrado tutti i tentativi, finora non si è mai riusciti a carpire il significato della morte, possiamo solo cercar di capire, intuire perché questa si verifichi, nulla di più. L’altra peculiarità è il corpo di Cristo: un Cristo che ormai ha lasciato il mondo terreno per ricongiungersi a suo Padre in quell’ignoto Regno dei Cieli. Il genio di Mantegna rende la pelle pallida, di un colore tendente al verde, che evidenzia il momento del trapasso. E infine la disperazione: presente sui volti di Maria, Giovanni e di un terzo personaggio che appare con la bocca aperta sullo sfondo. Entriamo quindi in contatto con l’artista stesso: Mantegna voleva rappresentare il dolore della morte, la morte tiranna del tempo, che porta via chi ci sta vicino all’improvviso e crea in noi quel sentimento di incredulità misto a dolore che solo questi eventi causano in noi.

Prima di passare alla prossima opera, premetto che ho avuto la fortuna di assistere in prima persona al magnifico ritratto di cui mi accingo a parlare, cogliendo la palla al balzo e facendo tappa al Palazzo Reale di Milano più di un anno fa.

Il dipinto in questione è la “Vergine Annunciata” di Antonello da Messina. Ci troviamo innanzi a un’altra iconografia sacra, in particolare all’annunciazione, ossia il momento in cui l’arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria di essere incinta del figlio di Dio.

Siamo però difronte a un caso particolare perché, come si può facilmente notare, manca Gabriele. Antonello decide di regalarci uno scorcio in particolare, un frangente di quell’evento: la reazione di Maria nell’apprendere la notizia e la meraviglia sul suo volto. Incredibile è il lavoro effettuato sui panneggi e il velo stesso (che sembra ricamato in vero tessuto) è dipinto con un azzurro che rasserena lo spettatore; inoltre l’artista ci porta nella sua dimensione quotidiana: la donna a cui siamo davanti è l’incarnazione della pudicizia, virtù tipica delle donne dell’Italia meridionale del tempo e degna della Vergine Maria. Infine la scelta di ritrarre la Madonna con la pittura ad olio (tecnica di eredità fiamminga) che emerge da questo sfondo scuro la rende protagonista assoluta di quel momento.

Non voglio dilungarmi troppo a parlare di dipinti e opere rinascimentali (potrebbe giustamente risultare pesante), mi auguro innanzitutto di aver suscitato in voi la curiosità ad informarvi su questi geniali artisti, ma soprattutto di avervi fatto riflettere e capire che anche dietro a un quadro si possono provare emozioni e sensazioni uniche.


Di Riccardo Varini, Liceo G. Parini, 4°L

bottom of page