Conobbi L’abito di piume per caso; avevo sentito parlare dell’autrice un paio di volte (per lo più male in realtà), e lo iniziai più per noia che per vero interesse. Ma bastarono le prime pagine per farmi affezionare al libro in un modo assolutamente particolare.
Il romanzo è incentrato sulle vicende di Hotaru, una ragazza tornata al proprio villaggio natale dopo otto anni di vita a Tokyo e una tumultuosa storia d’amore con un uomo sposato. Senza una vera e propria trama, l’autrice segue passo passo la scoperta (o la riscoperta) da parte della protagonista di una quotidianità del tutto diversa da quella che aveva vissuto negli anni precedenti, fatta di esperienze piccole e semplici, che evocano ricordi di infanzia e le infondono nuova tranquillità; non servono intricate vicende o avvenimenti straordinari per rendere un romanzo valido, e la scrittrice ce lo dimostra raccontando con delicatezza il riavvicinamento di Hotaru alla nonna, nell’intimità del caffè che gestisce, il ritrovamento di una vecchia amica del passato, Rumi, e la scoperta di personalità del tutto diverse da quelle a cui era stata abituata durante gli anni di assenza.
Il tutto è incastonato in un paesaggio idilliaco: un piccolo borgo di campagna, in cui gli abitanti vivono una vita serena e senza pretese, con un tempo scandito dallo scorrere di un fiume in mezzo alla città, in cui il passato e il presente della protagonista si uniscono assieme. Questo, unito al fatto che la storia inizia in medias res e non ha una vera e propria conclusione, conferisce al racconto un’atmosfera del tutto originale, al limite tra il fiabesco e l’onirico.
Ho sentito, tra i tanti, anche pareri negativi sui romanzi di Banana Yoshimoto; c’è chi li ha trovati superficiali e piuttosto scarni, chi noiosi o sfacciatamente commerciali. Personalmente non sono d’accordo. In particolare, trovo che ne L’abito di piume l’autrice sia riuscita a dare un senso di leggerezza al racconto, tipico di molti romanzi della cultura giapponese, che rende la lettura scorrevole e mai ostica o noiosa. La storia non è delle più incalzanti, certo, ma la narrazione lenta e distesa riprende il ritmo della vita nei luoghi che descrive, e, grazie anche all’aiuto di personaggi tutto sommato non troppo elaborati, il libro risulta di facile lettura e particolarmente riuscito dal punto di vista intrattenente. Così Banana Yoshimoto, con uno scritto senza contenuti particolarmente complessi ma curato e ben fatto, ottiene un risultato piacevole e interessante. Perfetto se si cerca qualcosa per sottrarsi, almeno qualche minuto, al caos senza limite della nostra contemporaneità.
Di Luca Pietribiasi, Liceo G. Berchet, 3°C
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